Al terzo tentativo, in cui riponevo alte aspettative, i fratelloni Cairnes fanno il salto di qualità e sfornano un film che personalmente ho adorato.
Di primo acchito, per l'entusiasmo ho quasi urlato al capolavoro, poi ho inquadrato le cose che non vanno. Che, come spesso accade, stanno quasi tutte nel finale, in questo caso nell'ultimo quarto d'ora.
Partendo dall'assunto stra-abusato del "filmato ritrovato", assistiamo alla riproduzione del master tape originale dell'ultima puntata del "Night Owls" andata in onda in diretta il 31 ottobre del 1977 e a quanto pare non finita tanto bene.
Classico talk show di tarda serata, Night Owls è da anni alla ricerca di quello share di ascolti che lo porterebbe a competere col più famoso programma condotto da Johnny Carson.
In questa puntata speciale di Halloween, il conduttore Jack Delroy si gioca il tutto per tutto con un ospite d'eccezione: una tredicenne che, stando a quanto dice la sua psicoterapeuta, sarebbe posseduta dal diavolo.
Come dicevo, la prima ora e un quarto del film è davvero eccellente. Il classico late night show americano è rappresentato alla perfezione.
L'estetica anni '70, i colori, le scenografie, gli outfit, le battute studiate tra il conduttore e la sua spalla comica, sottolineate dal rullare della batteria e dagli applausi chiamati del pubblico, i frequenti intervalli pubblicitari che scandiscono i tempi televisivi, tutto concorre a far sembrare l'esperienza autentica e credibile, al punto da farci sentire parte di quel pubblico a casa che Jack e il suo staff stanno cercando disperatamente di tenere incollati alla TV con la promessa di uno spettacolo unico e mai visto prima.
Ed è proprio in questo che il film dà il suo meglio, nel creare un'atmosfera di crescente e angosciosa attesa, giocata molto sull'ambiguità tra ciò che è finzione televisiva e ciò che forse non lo è più.
Man mano che la serata prosegue, il mood scanzonato e confortevolmente familiare dello show diventa sempre più destabilizzante, e mentre fatichiamo a capire chi tra gli ospiti (e tra il pubblico in sala) sia genuino e chi un fake, allo stesso modo diventa sempre più difficile decifrare il conduttore stesso, un personaggio tanto rassicurante quanto enigmatico, al confine tra il presentatore affascinante, equilibrato e simpatico e l'uomo ambizioso e tormentato con qualcosa da nascondere.
David Dastmalchian, credo nel suo primo ruolo da protagonista, è semplicemente perfetto, la sua interpretazione è pacata ed ipnotica, calibrata al millesimo e incentrata su piccolissimi cambiamenti nell'atteggiamento e nel tono, che lo fanno risultare attraente e respingente nel giro di uno sguardo. Altrettanto azzeccato il resto del cast, con menzione particolare per Ian Bliss nei panni dell'ex mago ipnotizzatore ora convertito in cinico smascheratore di truffe paranormali, e Ingrid Torelli in quelli della ragazzina indemoniata.
Ma veniamo a quello che mi è piaciuto poco.
Se da una parte l'idea del found footage ha ampiamente rotto il cazzo già da mo, è anche vero che se il filmato ritrovato in questione è la registrazione di una trasmissione televisiva, e non un'accozzaglia di riprese amatoriali traballanti, l'esperienza si rivela molto più piacevole e dona una certa originalità al solito mockumentary, qui declinato in diversi formati: la prefazione in stile documentaristico con immagini e spezzoni video dell'epoca (sia falsi che storici), con voce fuori campo (di Michael Ironside) che spiega e contestualizza l'ascesa e il declino di Jack Delroy ai tempi del Satanic Panic e della violenza dilagante in una società spaventata e sfiduciata, la trasmissione registrata, e le riprese BTS che documentano ciò che avviene nel backstage durante le pause pubblicitarie.
E' in quest'ultima modalità che casca l'asino. Girati in un bianco e nero inspiegabile e troppo patinato, questi momenti, il cui fine ultimo è ovviamente fornire più dettagli alla narrazione, risultano un espediente forzato che spezza completamente l'illusione, perché sembra davvero poco realistico che un cameraman segua ovunque il cast dietro le quinte, registrando conversazioni private tra il conduttore e il produttore senza che questi lo caccino a pedate.
E poi arriva la parte finale, e non mi riferisco a quella in CGI, già di per sé abbastanza deludente, ma a quella successiva, gli ultimi 10 minuti in cui, oltre a svelare ciò che già si era intuito ampiamente da un pezzo, per convenienza si cambia un'altra volta il registro narrativo perdendo del tutto il senso della premessa iniziale.
Non è che io sia una fan del mokumentary, tutt'altro, ma 1) se mi proponi questo tipo di narrazione, sforzati di essere coerente e tenerle fede fino alla fine, altrimenti non ci credo più e mi allontano, 2) non scherzavo prima, quando ho detto che ho adorato questo film, e quindi mi rode assai che per colpa di queste sporcature non indifferenti alla fine ci troviamo davanti un bel film imperfetto che con uno sforzo in più avrebbe potuto essere clamoroso.